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"Fichissima” è una parola che è al tempo stesso complimento ed esagerazione: più che bella, più che desiderabile. In questa mostra, diventa LA parola d' eccellenza per quella parte del corpo femminile spesso chiamata in causa: la vulva. Non come oggetto, ma come fonte – di piacere, di vulnerabilità, di linguaggio e di immaginazione.

Sandra Ansaldi è medico psichiatra e artista visiva. In Fichissima sposta il suo sguardo verso piccoli mondi concentrati: teche, cornici-quasi reliquiari- in cui tulle, garze, pizzi, stampi da cucina, pennelli, perle e gioielli si raccolgono attorno a una forma centrale. Quella forma ricorda al tempo stesso un fiore, una ferita, un’icona, una conchiglia e un’apertura.

I materiali sono riconoscibili e domestici, quasi banali: utensili da cucina, bigiotteria, frammenti di tessuto. Ma nelle mani di Sandra Ansaldi diventano una sottile coreografia di strati e pieghe. I suoi "assemblages" giocano con il confine tra il sacro e il quotidiano: è un altarino domestico, un feticcio, un santuario, una scherzo? I tessuti morbidi proteggono e velano, ma non cancellano; i bordi metallici inquadrano e marcano. Ogni scatola è una piccola scena in cui la sessualità femminile non viene appiattita né ritoccata, ma appare insieme tenera, ironica e dignitosa.

Le parole di Luca Atzori non seguono le immagini, ma camminano accanto ad esse. Atzori è autore, performer e musicista, co-fondatore della Mad Pride di Torino e attivo in una zona di confine tra letteratura, performance e ricerca vocale. Nella serie di poesie che accompagnano queste opere, esplora la vulva come macchina linguistica: un luogo in cui miti, immagini religiose, pubblicità, cultura pop e memorie personali cominciano a parlare tutte insieme. Le sue frasi in italiano, francese e inglese sfregano l’una contro l’altra; confessioni intime s’infrangono contro speculazioni filosofiche, gergo di strada contro citazioni letterarie.

La vulva, in Atzori, non appare come “oggetto del desiderio”, ma come grammatica: una lettera, una forma zero, un’apertura attraverso la quale il mondo viene continuamente pronunciato di nuovo. Egli strappa la parola “fica” alla sfera dell’insulto e del linguaggio machista e la colloca al centro di un’indagine poetica ed esistenziale: che cosa significa desiderare, essere visti, abitare il proprio corpo, trasformare la vergogna in gioco?

Immagini e testi non sono illustrazioni reciproche, ma specchi. A volte sembra che le poesie spalanchino le scatole, a volte sono gli oggetti a chiudere dolcemente dentro di sé le parole. La ripetizione delle forme – pieghe, conchiglie, vulve, fiori – assume un ritmo musicale: variazioni su un unico motivo, ogni volta in un’altra tonalità, in un altro contesto. Nasce così una polifonia di voci: lo sguardo medico, la simbologia religiosa, il cliché pornografico, il ricordo intimo, la collera femminista, l’umorismo del camionista, la tenerezza degli amanti.

"Fichissima" non è dunque un semplice “celebrare” il corpo femminile, ma un invito ad ascoltare tutto ciò che si è depositato intorno a quel corpo: tabù, proiezioni, violenze, ma anche piacere, gioco e potere. Una mostra che richiede all'occhio lentezza, un ammonimento a non consumare le immagini in fretta, ma a lasciarsi toccare dalla loro trama, dal loro luccichio, dalla loro fragilità; un'esortazione a leggere le poesie ad alta voce, assaporarle, lasciarle risuonare nelle proprie memorie. Forse è questa la promessa più grande del progetto: che la parola “fica”, spesso usata per umiliare o possedere, qui si trasformi lentamente in un luogo di soggettività. Non “qualcosa” che si prende, ma “qualcuno” che parla. Nelle scatole di Sandra Ansaldi e nel linguaggio di Luca Atzori la vulva diventa un portale, un piccolo universo in cui possiamo ripensare il desiderio, l’identità e la libertà.

Testo critico di Etienne Verbist


07. 12. 2025 - ZKM GALLERY Via Belfiore 22/D TORINO SANSALVARIO - zakamoto.com - motolese.com - madeinsansa.it - Archivio eventi